Asociación para el estudio de temas grupales, psicosociales e institucionales

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L. Montecchi: Controffensiva -italiano-


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Controffensiva

Leonardo Montecchi

 


                                                  Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui!
                                                           La scienza stessa non sussisterebbe un  
                                                           momento senza la bellezza
       
    
                                                   (Fedor Dostoevskij: I Demoni)

     

E’ crollata Lehman Brother e poi le borse sono scese in picchiata, gli stati del G7 hanno stanziato migliaia di miliardi di euro e dollari per stabilizzare la crisi finanziaria.
Tutti dicono che ci sarà la recessione.
Mi sto immaginando una chiacchierata su queste cose con Armando Bauleo al caffè giubbe Rosse di Firenze, gli piaceva quel caffè, ricco di ricordi letterari.
Mi viene in mente “L’allegria di naufragi” di Ungaretti:

E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare

Avremmo parlato di marxismo e in questo lavoro voglio cominciare da Marx e dal capitale:

La stragrande forza produttiva, in rapporto alla popolazione, quale si sviluppa in seno al modo di produzione capitalistico e, seppure non in egual misura, l’aumento dei valori capitali(non soltanto del loro sostrato materiale), che procede assai più velocemente dell’accrescersi della popolazione, entrano in conflitto con la base per cui lavora questa stragrande forza produttiva, che diviene sempre più piccola in rapporto all’aumento della ricchezza, e con le condizioni di valorizzazione di questo capitale crescente.
Donde le crisi
. (Il capitale libro III pag. 1097)

Anche a Conegliano Veneto, nell’ospedale parlavamo di un libro di Sergio Bologna: “Quale destino per i ceti medi?” era un libro che gli era piaciuto molto, le infermiere  lo prendevano in giro e gli dicevano “professore e noi, che non siamo ceto medio, quale sarà il nostro destino?
In quel libro Sergio Bologna raccoglie gli ultimi suoi lavori che descrivono la trasformazione della organizzazione del lavoro e la polverizzazione dei vecchi vincoli di classe.
In sostanza, dice Bologna, è già da molto tempo che non esiste più la grande fabbrica fordista con la catena di montaggio.
La rivoluzione microelettronica ha mutato la composizione organica del capitale per cui c’è stato un aumento del capitale costante e una diminuzione di quello variabile, anzi la dislocazione delle produzioni ha comportato la realizzazione effettiva di quel mercato mondiale di cui gia parlava Marx.
Con il Toyotismo la fabbrica si è organizzata in modo da eliminare gli stoccaggi e di collegare gli ordini alla produzione.
Questo sistema si è reso possibile grazie allo sviluppo della logistica, tutto il sistema delle comunicazioni e dei trasporti, che ha creato una rete di interconnessioni globale ed ha reso possibile la dislocazioni di parti della produzione in alcune zone e l’assemblaggio in altre alla ricerca del minore costo della forza lavoro.
Le grandi fabbriche hanno mutato la composizione della forza lavoro, tecnici ai videoterminali hanno sostituito gli operai alla macchina, il lavoro si è parcellizzato ed è “esternalizzato” cioè appaltato a piccole agenzie che assumono i lavoratori con contratti a termine o li pagano a prestazione come liberi professionisti.
Tutti questi lavoratori, questa forza lavoro, non sentono di avere interessi in comune, non hanno una rappresentazione collettiva, in un suo recente articolo sul quotidiano  il Manifesto, Bologna invitava i registi ed i fotografi, e gli artisti in genere ad occuparsi di questa nuova figura del lavoratore, infatti abbiamo bene in mente le immagini del lavoro del novecento, ma non c’è ancora una immagine del lavoro del 2000 e non si tratta solo di lavoratori di call center, si tratta della forma del capitale variabile che non ha coscienza di classe.
Andavamo parlando di questo e di altro in quel ospedale, articoli del Manifesto, il giornale che Armando comprava qui in Italia, e del ruolo del pensiero dialettico, mi ha parlato di un suo incontro con Berthold Rothschild e di come si sentisse invadere da pensieri neri e di Berthold che gli ha detto: “Armando, per tutta la vita ti sei occupato di dialettica, sai come vedere il bianco nel nero”.
Già, la dialettica, ci riporta all’analisi di cosa sta succedendo nel pianeta e quale può essere il nostro compito in questa situazione, il compito del pensiero operativo di gruppo.
Ci troviamo di fronte ad una crisi finanziaria che diventerà o è gia diventata una crisi economica e questa crisi economica è anche una crisi ideologica. E’ defunto il neoliberismo che esordì praticamente con il golpe Cileno e con la politica monetarista di Pinochet dettata dalla scuola economica di Chicago di Milton Friedman.
 Questa ideologia dominante si basava su di un presupposto di base che il mercato fosse capace di autoregolarsi e che lo stato si sarebbe dovuto ritirare dall’economia tagliando i programmi sociali e privatizzando tutte le società che erano diventate pubbliche dopo la grande crisi del 1929 che fu risolta, parzialmente, dall’intervento dello stato nell’economia seguendo le teorie di Maynard Keynes.
L’avvento del neoliberismo come religione dell’ occidente si è concretizzato nelle politiche di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan, queste politiche aggressive all’interno e all’esterno hanno portato ad un cambiamento sostanziale del pianeta ed hanno posto le basi della globalizzazione economica e finanziaria che negli anni 90 ha definitivamente unificato il pianeta.
Così si sono create le condizioni in cui come dice Marx :

Il capitale appare vieppiù come una potenza sociale, di cui il capitalista è il funzionario, che non conserva più alcun rapporto proporzionale con quanto è in grado di produrre un singolo individuo- ma come una  potenza sociale estranea, indipendente, che si contrappone alla società come entità materiale e come potere esercitato dai capitalisti tramite questa entità materiale.
La contraddizione tra questa potenza sociale generale cui assurge il capitale e il potere privato del capitalista nei confronti delle condizioni sociali della produzione, diviene sempre più netta e condurrà infine alla rottura di tale rapporto e alla trasformazione delle condizioni di produzione in condizioni sociali, comuni, generali. Tale trasformazione è il portato dell’evoluzione delle forze produttive nel modo di produzione capitalistico e della maniera in cui procede tale evoluzione
. (Il capitale libro III  1096-97)

Questa potenza sociale estranea che si contrappone alla società come entità materiale, fa pensare alla produzione di stili di vita, non più solo di merci, fa cioè pensare alla fase immateriale della produzione, e cioè a come il capitalismo attuale produca non solo le merci ma anche il modo di consumarle e cioè i soggetti che quelle merci devono consumare.
Il brand, il marchio è un oggetto immateriale che va continuamente alimentato tramite la produzione di immagini in movimento che stimolino la necessita di possedere, tramite degli oggetti, quel segno che ha un significato di “benessere”, ”felicità”, “seduzione”, “erotismo”.
Gli oggetti sono dunque rivestiti da una “allure” che si trasferisce dall’oggetto al soggetto, o meglio il soggetto si costituisce è costituito da questi oggetti che ne determinano il sex appeal, ma si tratta di una appeal frutto della produzione immateriale, che emana una “potenza sociale estranea” un po’ come il “mana” che sta alla base del mondo magico ed è stato analizzata da Marcel Mauss, un mana che chiunque può comprare e che immette apparentemente nel mondo della “potenza sociale estranea”.
Si tratta di una estensione planetaria della produzione di ideologia e di falsa coscienza. Ma come ci ha ricordato sempre Marx:

Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza (Ideologia Tedesca pag. 13)

Ciò significa che le produzioni del semiocapitalismo, cioè il capitalismo che produce stili di vita, significati per significanti, che produce la cultura ed i rapporti sociali e quindi anche le forme di coscienza per questi stili di vita, si scontrano con le forme di vita e la vita si riprende i suoi diritti svegliandosi dallo stato di transe in cui si trova.
Mi viene in mente una chiacchierata con Armando camminando a Buenos Aires, poco dopo la Biella vicino alla Recoleta, si parlava di come in seguito alla vittoria del neoliberismo e alla estensione di quello che allora veniva chiamato pensiero unico, eravamo nei primi anni 90, ci fosse un ritirarsi del pensiero critico, della cultura, questa produzione alternativa non arrivava più e si diffondeva anche la pericolosa idea della elite.
Come se il pensiero e la coscienza fossero per pochi e per tutti, invece, l’invasione della plastica e della falsa coscienza.
Il neoliberismo, come ideologia, frantuma ogni vincolo sociale ogni idea di solidarietà, mette al centro un individuo isolato, frammentato, che non ha interesse comune, viene distrutta l’idea del comune, lo spazio, il mondo, le relazioni sono privatizzate, incorporate.
Una descrizione degli effetti del neoliberismo è nel testo di Michel Houellebecq “le particelle elementari”. Qui non ci sono più vincoli e gli individui non sono che particelle in balia di attrattori strani, liberi e imprevedibili come i protagonisti dei film di Gus Van Sant  Elephant o Paranoid Park.

E’ in questo caos prossimo venturo che proviamo a pensare ad una controffensiva.
Parlavamo di questo con Armando da qualche anno, dicevamo che anche nel cuore dell’occidente era necessario portare una controffensiva all’ideologia dominante, al neoliberismo.
Ed ora mi sembra di sentire il suo riso, quando vediamo crollare come un castello di carte la fiducia nell’indebitamento.

In verità, simile a mille risate infantili viene Zarathustra in tutte le camere mortuarie, ridendo di questi guardiani notturni e custodi di sepolcri e di chiunque agiti lugubri chiavi
(F. Nietzsche  Così Parlò Zarathustra Parte II L’indovino)

Questo sistema era basato sulla offerta di denaro a basso costo per finanziare il “sogno americano” di un consumo costante ed un indebitamento costante per sempre. Ma, ad un certo punto, molti, troppi ,non sono stati in grado di pagare i mutui. Perché mai? E perché il sistema, il mercato, non è stato in grado di autoregolarsi? Che cosa è successo? Come mai il presidente Busch, il papa del liberismo, dice che è necessario l’intervento dello stato nella finanza per aiutare le banche? E che intervento!!
Non si può non pensare al passo del Faust di Goete quando Mefistofele inventa la carta moneta:


                     Cancelliere
(…) Udite dunque e mirate la fatidica carta
 Che ha tramutato ogni dolore in gioia.
                   legge:
“Tanto sappia chiunque lo desideri:
questo biglietto vale mille corone.
Gli sono pegno e garanzia sicura,
innumeri ricchezze, sepolte nell’Impero.
Si sta provvedendo a che il ricco tesoro,
appena estratto, serva alla sostituzione”

                     Imperatore
Mi par di intendere una truffa enorme, un crimine…
Chi falsò qui la firma dell’Imperatore?
E un simile delitto è rimasto impunito?

                     Tesoriere

Ricordati!Tu stesso l’hai firmato!
Stanotte, eri in costume di Gran Pan.

(Faust II-Atto primo: Palazzo Imperiale)

Sicuramente le contraddizioni di questa economia capitalista stanno emergendo prepotentemente, probabilmente si tratta di una crisi di sottoconsumo, perché le moltitudini che vengono liberate dalla globalizzazione economica e sospinte in ondate migratorie sempre più vaste alla ricerca di quello stile di vita, di quei consumi che caratterizzano lo stile di vita del semiocapitalismo,queste moltitudini non hanno potere sono sempre più miserabili e non possono accedere ai beni di consumo che vengono offerti.
La produzione che ha come scopo l’accumulazione per l’accumulazione impoverisce progressivamente quantità sempre maggiori di popolazione e concentrando la ricchezza porta il sistema alla crisi perché una quota sempre più ampia di consumatori non possiede il reddito per comprare i beni ed i servizi che vengono offerti.
A questo punto la vita diverge dalla coscienza di liberista.
Quale coscienza per questa vita che sta emergendo?
Credo che qui si inserisca la nostra controffensiva.
L’Ospedale dove stava Armando era un po’ sopra il Piave, nell’ultimo incontro che ho avuto con lui abbiamo parlato anche di questo.
Ci sono due luoghi che hanno un particolare significato nell’immaginario degli italiani. Uno è Caporetto.
Caporetto significa la rotta, la fuga disordinata, la sconfitta. Ma dopo Caporetto  c’è il Piave, l’attestarsi lungo una linea di difesa irrinunciabile e poi la controffensiva e la vittoria.
Anche Armando aveva subito la sua caporetto fisica, la malattia, l’ospedale ma aveva trovato la forza grazie a Marta di tornare a Buenos Aires e di continuare li la sua battaglia che era ed è una battaglia gruppale, non è stato il suo un impegno individuale, ma la costante, incessante costruzione di spazi gruppali, è stato un partigiano, un guerrigliero della gruppalità che ha costruito zone libere, gruppi operativi, casematte e li ha collegati tra loro per permettere uno spazio di pensiero e di azione alla gruppalità.

E dunque in cosa consiste la controffensiva?

Consiste nel mettere al centro della attenzione il vincolo e dunque fare emergere l’intersoggettività, la socialità e la reciprocità come elementi di una rivoluzione culturale che si rende necessaria in questo inizio di secolo.
Di più, il crollo del neoliberismo provocherà l’emergere di ideologie reazionarie e razziste che si richiamano a concezioni nazionaliste o di richiamo a miti come la terra ed il sangue, si cercheranno e si produrranno capri espiatori, si agirà su paure irrazionali e su pregiudizi e stereotipi per nascondere la riorganizzazione e la ristrutturazione del potere su scala planetaria.
Tuttavia al momento non c’è una ideologia che possa prendere il posto del neoliberismo e quindi il campo diventa libero dominato da un caos dove un pensiero ben strutturato che ha un paradigma forte come la gruppalità ha spazio per costruire gruppi operativi.
Con il cambiamento della produzione da fordista a post-fordista e con l’avvento del semiocapitalismo è avvenuta una mutazione profonda: l’operaio di fabbrica, l’operaio massa della catena di montaggio, non è più la figura centrale su cui  ricomporre l’unità di classe.
Il movimento dei consigli di fabbrica che nacque negli anni 20 e costituì il nocciolo di aggregazione della coscienza di classe nell’italia prefascista e che  poi è riemerso negli anni 70 durante l’onda lunga che è partita dal movimento del 68 e dal 69 operaio non esiste più, la nuova figura di operaio è un operatore diffuso che non ha coscienza di classe, che pensa di essere un libero professionista che però lavora solo per un unico fornitore, che non ha nessuna sicurezza sociale, non ha malattie pagate, non ha ferie, deve pensare da solo alla pensione.
Questo è il nuovo lavoratore, la nuova forma di vita di questa fase della produzione capitalista. Questa condizione sociale, questo essere sociale non ha ancora coscienza di se, la coscienza gli è fornita da fuori, dalla ideologia neoliberista, che ora è crollata.
Questa coscienza prevedeva l’assenza di vincoli, la competitività, l’idea che l’individuo risolve da solo i propri problemi e che la povertà, la malattia, l’assenza di lavoro sono solo ostacolo derivante dall’assenza di iniziativa, da mancanza di volontà e di responsabilità.
La struttura morale di questa ideologia prevede il sentimento di colpa per la disoccupazione e per il disagio sul lavoro, non prevede la solidarietà, non prevede i vincoli laterali.
L’altro compare solo come competitore o come compratore o venditore, vincoli come amicizia od ospitalità si trasformano nell’unico vincolo di compro-vendita,  di scambio sul mercato.
Tutti gli spazi comuni sono scomparsi o tendono a scomparire, lo spazio è privatizzato e reso funzionale  al consumo.
Non solo, in questa ideologia, l’altro che non è l’identico a me è un alieno che minaccia il nostro stile di vita, un nemico esterno o interno da cui bisogna difendersi aumentando la sicurezza per gli identici ed aumentando la paranoia identitaria.
E quindi lo spazio delle città si organizza per zone controllate che permettono lo sviluppo di soggettività specifiche per quella zona, che ha dei confini e che viene difesa, poi ci sono gli Slum che si diffondono negli spazi metropolitani e che contengono altre soggettività aliene che devono essere costantemente contenute e controllate.
In questa situazione lo scopo di una Psicologia sociale concreta o analitica è quello di proporre degli scopi o dei compiti capaci di aggregare gruppi operativi.

I gruppi operativi  possono costituirsi ovunque, non ci vuole molto, basta un compito, è il compito che aggrega. Può essere un compito difensivo, ad esempio occupare uno spazio per installare una esperienza di autogestione ed evitare che avvenga una speculazione edilizia, può essere un compito di solidarietà come organizzare un asilo nido o conoscersi in una scuola media.
Può essere una festa fuori dal controllo proibizionista o la sperimentazione di nuovi stati di coscienza e nuove forme di vita.
Può essere la gestione del proprio tempo all’interno di una istituzione, può essere l’interrogarsi sul proprio lavoro e pensare a cosa si sta facendo.

Tutto questo processo di presa di coscienza si basa sulla diffusione della idea di gruppalità che si basa sul concetto di vincolo e non su quello di individuo, non siamo particelle elementari senza alcun contatto gli uni con gli altri ma siamo esseri sociali in relazione fra loro con vincoli complessi che comportano l’ospitalità, l’amicizia e l’amore. E se per tornare a Marx:

Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti.(…) Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l’altro anche la coscienza e quindi pensano, in quanto dominano come classe e determinano l’intero ambito di una epoca storica, è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi tra l’altro dominano anche come pensanti,come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo. (L’ideologia tedesca pag.36)

Dobbiamo pensare che con il crollo del neoliberismo si è aperto un varco per introdurre il paradigma della gruppalità che è alternativo all’individualismo neloliberista. Con il crollo delle borse e la crisi della finanza si è prodotta una crisi di fiducia nel sistema, l’egemonia per usare il termine gramsciano non è più tale è la produzione e distribuzione delle idee del semiocapitalismo che è in crisi, sono i produttori di idee del neoliberismo ad essere in crisi.
Sono passati 20 anni da quando Armando Bauleo al congresso del Cir di Madrid cercò di definire La Psicologia Sociale critica o concreta e già allora ci aveva indicato la strada che ora è necessario continuare per avviare la controffensiva che è oggetto di questo lavoro.
Noi abbiamo uno strumento concettuale che si alimenta nella prassi operativa, abbiamo costruito molte esperienze in vari continenti, siamo gli eredi ed i continuatori del freudo-marxismo, abbiamo un compito importante da portare avanti.
Dobbiamo considerare che la fase che stiamo attraversando corrisponde all’esplosione del contenitore statale del capitalismo.
Ne parla Prem Shankar Jha  in “Il Caos prossimo venturo”. Il concetto di contenitore del capitalismo è stato proposto da F. Braudel e l’idea delle progressive esplosioni del contenitore è stata proposta anche da Giovanni Arrighi. I Passaggi successivi sarebbero dal primo ciclo con Spagna e Genova alleata, a quello dominato da Amsterdam e dalla casa degli Orange, a quello dell’Inghilterra poi agli Stati Uniti. Come si può notare il contenitore cresce progressivamente.
Per Perm Shankar dopo l’esplosione del contenitore Stati Uniti c’è stato il tentativo di fondare un Impero planetario. Questo tentativo della presidenza Bush è fallito nell’Afghanistan e soprattutto con la guerra infinita nell’Iraq. Così mancando un contenitore planetario sta emergendo il caos sistemico cui andiamo incontro.
Ciò significa che anche le culture entreranno in un ciclo caotico ed imprevedibile e gli strumenti del dominio e del controllo si evidenzieranno sempre di più e saranno naturalmente destinati al fallimento.
Di fronte alla frantumazione di qualsiasi vincolo ci troveremo di fronte, inevitabilmente a forme di neorazzismo alla crescita di fenomeni di intolleranza e di paura delle differenze.
Questa malattia che è già stata identificata e studiata negli anni trenta da
W. Reich e definita “peste psichica” è vissuta paradossalmente, nell’immaginario sociale, come un rimedio per la scomparsa del vincolo sociale.
Ma la diffusione della “peste psichica” non avviene naturalmente, c’è una intenzionalità nell’ amplificare le paure e nel dipingere l’altro come un nemico. C’è una congerie di sottoculture identitarie che vengono ampiamente mediatizzate per costruire l’egemonia nei media main stream di un senso comune infettato dalla peste del pregiudizio e della paura del diverso.
E dunque possiamo e dobbiamo costruire una controffensiva in questo “caos prossimo venturo” di fronte alla frantumazione dei vincoli identitari e alla riduzione della vita a “particelle elementari” che si incontrano e si scontrano grazie ad attrattori strani e generano universi frattali, possiamo pensare ad un contenitore, ad una comunità.
La comunità è: un insieme di soggetti legati da uno o più fattori di diversa natura, ma non pensiamo ad una mitica comunità della terra e del sangue, la comunità delle origini che si sarebbe persa in seguito allo sviluppo capitalistico e alla nascita della libertà dell’individuo.
Questa idea è la base della peste psichica. Non c’è nessuna comunità originaria, nessun eden, nessun paradiso perduto da cui saremmo caduti nella vita quotidiana.
Questa idea regressiva, coltiva la passione triste,come le definiva Spinoza, della nostalgia per qualcosa che si è perso: la tranquillità, il buon tempo antico, l’età dell’oro ecc.. ecc…
Così, chi coltiva questa passione  idealizza il passato, lo trasforma e lo ripropone nell’oggi come forma di convivenza, propone un vincolo che si richiama a tradizioni inesistenti che improvvisamente prendono vita e divengono feticci identitari che escludono e gerarchizzano in una sorta di neofeudalesimo di massa che l’europeo ha già conosciuto nella forma nefasta del nazifascismo ma che si ripropone nell’oggi sotto diverse e più edulcorate forme.
Del resto noi non sposiamo l’idea della necessità di un Impero, di un contenitore planetario della economia capitalistica, basato sulla gerarchia sulla esclusione, sulla biopolitica e sul controllo mentale.
La critica a questo spazio planetario in via di costruzione è già stata effettuata da Toni Negri e Michael Hardt.
E, come si è detto il tentativo politico di realizzare nei fatti questa dimensione imperiale è tragicamente fallito.
Del resto anche la ricostruzione dell’idea e della pratica di popolo o di nazione o di “piccola patria” attorno alla passione triste della nostalgia è destinata al fallimento, anche se provocherà tragedie e drammi.
Non è più possibile ricostruire le “masse” attorno ad un capo, ad una idea, ad una tradizione passata.
Non è più possibile il dominio di una unica idea  di un unico capo se non in un modo effimero e transitorio o in una dimensione virtuale. La dominante del tempo è data dalle moltitudini, da questa proliferazione di identità e di particelle elementari  che non hanno più contenitore per le loro passioni attive.
Ma c’è un contenitore per le passioni attive delle moltitudini per la proliferazione dei loro desideri c’è la idea che fa da sfondo al vincolo d’amore, di amicizia e di ospitalità.
Si tratta sempre della comunità, ma non di una comunità nel passato, di legami che si sono persi e meno male, si tratta di una comunità del futuro, della comunità che viene, come la chiama Giorgio Agamben.
Un comunità che è l’orizzonte delle nostre passioni attive, una comunità che si concretizza in situazioni metropolitane specifiche, sia nelle situazioni straordinarie, come le lotte per ottenere degli spazi da autogestire, sia in situazioni ordinarie, come in un reparto di maternità, o un consultorio in cui le persone si conoscono e scambiamo affetti e sentimenti al di la delle differenze etniche e di sesso, anzi in quelle situazioni le differenze diventano risorse.
Queste microcomunità ordinarie sono nodi di una rete a venire che lega ed organizza le passioni attive delle moltitudini secondo nuovi vincoli di una “futura umanità”.
Ma non basta questo sfondo, c’è una altra idea di base della controffensiva per la rivoluzione culturale necessaria nel caos sistemico prossimo venturo. Nel mondo delle passioni tristi si ripropone l’idea di famiglia tradizionale come rifugio contro la riduzione a particelle elementari, di nuovo la rinuncia alla libertà, l’adozione di una passione triste, per risolvere il problema che ha portato allo scioglimento dei vincoli fra marito e moglie e al dissolvimento della idea dell’unità della famiglia come dato naturale e non storico.
Per questo all’idea di comunità di terra e di sangue si accompagna il ritorno dell’idea di famiglia  basata sui legami di sangue che ripristina la gerarchia e si illude così di rimettere in piedi il modo rovesciato e caotico.
Di nuovo si tratta di una forma reazionaria di risposta al cambiamento, una riproposta di unità la dove è per essenza la dualità, questo pensiero reazionario vuole eliminare la differenza per proporre il regno dell’identità dell’identico.

Invece nonostante  la “rivelazione” del 1871 di Arthur Rimbaud:

“Poiche Io è un altro. (…) Se i vecchi imbecilli non avessero trovato, del “me stesso”, soltanto il significato falso, non avremmo da spazzar via i milioni di scheletri che da tempo infinito, hanno accumulato i prodotti della loro orba intelligenza,e se ne proclamano gli autori”

Questi vecchi imbecilli continuano a proclamare un pensiero neutro, unico che non tiene in alcun conto la differenza e l’esistenza dell’altro come fondante la soggettività. E’ gia passato  quasi un secolo da quando Sigmund Freud scriveva nel suo saggio “Psicologia delle masse ed analisi dell’io”:

“Nella vita psichica l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico, e pertanto, in questa accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima la psicologia individuale è anche, fin dall’inizio, psicologia sociale”

Questo è il nocciolo della nostra concezione scientifica.
Più volte con Armando abbiamo parlato di epistemologia, anche l’ultima volta che ci siamo incontrati, nell’ospedale, prima che partisse per Buenos Aires, mi ha raccontato di un incontro che ebbe con Feyerabend e di come Feyerabend non considerasse una scienza la psicologia sociale, invece ad Armando  piaceva Kuhn per l’idea delle Rivoluzioni scientifiche che si basano sulla rottura dei paradigmi.
La controffensiva è il centro della rivoluzione scientifica nel campo della psicologia sociale.
Noi siamo per il paradigma del vincolo che si contrappone a quello dell’individualità assoluta che dovrebbe organizzare la vita sociale.
Questo è il paradigma del liberismo e del neoliberismo in tutti i campi.
Questo paradigma  ha una collezione impressionante di esempi ma è entrato clamorosamente in crisi.
Il paradigma vincolare o sociale è il nostro paradigma su cui dobbiamo costruire altrettanti esempi.

A cominciare dalla lezione che proviene dalla pratica femminista che con Luce Irigaray arriva a questa lucida conclusione sulla linea della differenza:

“L’identità dell’uomo non presuppone solo la relazione, più o meno velata, del medesimo con se stesso, come ci insegnano i primi filosofi del mondo occidentale. Essa implica la relazione del medesimo con l’altro”
La via dell’amore

Dunque il vincolo che noi proponiamo non è il vincolo di sangue che porterebbe ad un “struttura della parentela” fuori dalla storia, come se esistesse una famiglia originaria, un modello: “la sacra famiglia” cui tutte le famiglie dovrebbero tendere.
Il liberalismo ed il neoliberalismo hanno distrutto tutti i vincoli di queste famiglie in nome della libertà dell’individuo assoluto.
Quello che noi vediamo non è la famiglia di sangue con i suoi rapporti di parentela ideali che generano obblighi e comportamenti, noi vediamo gruppi famigliari, gruppi che creano liberamente vincoli ed obblighi reciproci sulla base di libere decisioni che liberamente si possono sciogliere.
Nuovi gruppi famigliari che vivono assieme nella comunità che viene. Sono queste realtà che noi dobbiamo sostenere e che costituiscono il nocciolo di una nuova forma di vita che si organizza.
Una controffensiva di passioni attive, alla ricerca di una composizione di classe, di una forma di coscienza del vincolo sociale di nuovi gruppi famigliari.
Abbiamo bisogno di raccogliere ed intercettare i flussi di forze che lavorano in questa direzione e ricercare nuove prospettive e  in questo ci sarà di grande aiuto la bellezza della passione allegra di Armando Bauleo.


Rimini 01/11/2008


BIBLIOGRAFÍA


Karl Marx                  Il Capitale       Newton Compton 
 
K.Marx ,F.Engels     L’ideologia Tedesca      Editori Riuniti

Sigmund Freud         Psicologia delle Masse e Analisi dell’io  Boringhieri

Michel Houellebecq  Le particelle elementari      Bompiani

Sergio Bologna         Quale futuro per il ceto medio    Derive e Approdi

Armando Bauleo       Ideologia Gruppo e Famiglia   Feltrinelli

Armando Bauleo       Psicanalisi e Gruppalità        Borla

Armando Bauleo       Note di Psicologia e Psichiatria Sociale     Pitagora

Friedrich Nietzsche    Così Parlò Zarathustra         Adelphi

Prem Shankar Jha     Il caos prossimo venturo         Neri Pozza

Arthur Rimbaud          Opere                                   Mondatori

J.W.Goethe                Faust                                    Mondatori

F. Dostoevskij           I demoni                                Einaudi

Luce Irigaray             La via dell’amore                   Bollati Boringhieri

Leonardo Montecchi   Varchi                          Pitagora

Giuseppe Ungaretti    Vita di un Uomo                   Mondatori

T. Kuhn   La struttura delle rivoluzioni scientifiche           Einaudi

A. Negri M.Hardth    Impero                   Rizzoli

 A. Negri M.Hardth    Moltitudine            Rizzoli         

Giorgio Agamben      La comunità che viene              Einaudi

Baruch  Spinosa       Etica                                   Editori Riuniti

W. Reich       Psicologia di Massa del Fascismo        Mondadori


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